La precarietà. Quello stato, dalla durata incalcolabile, che precede i momenti in cui la realtà si solidifica. Un brivido da bunjee jumping, adrenalina, solitudine, disperato vagabondare. “Tutti se ne vanno”, l’esordio letterario di Nicola Brami, è pura attrazione per questa condizione di instabilità. Il romanzo – uscito da poco per la nuova casa editrice milanese Torre dei Venti, parte del gruppo editoriale Tabula Fati di Chieti e diretta da Paola Tosi, agente letterario e autore (pubblicata nel 2010 da Marsilio con “In fuga dal cielo”) – è la storia di una partenza senza biglietto di ritorno. Frustrazione ed entusiasmo e una meta, l’Irlanda, la Dublino che per molti è transito, passaggio, città a cui affidare una sequenza della propria storia. “Tutti se ne vanno”, nelle prime due settimane dal lancio, ha raggiunto il 33esimo posto della classifica delle novità più interessanti di Amazon.
“Desideravo che nel titolo fossero presenti due elementi: da un lato, l’esigenza di viaggiare tipica di una certa generazione di spostati (anche e soprattutto letteralmente: spostati dai propri luoghi), che partono tanto per entusiasmo quanto per frustrazione e irrequietezza. Dall’altro, quello stesso partire, visto però dagli occhi di chi viene lasciato, per così dire” spiega l’autore. Frustrazione ed entusiasmo e una meta, l’Irlanda, la Dublino che per molti è transito, passaggio, città a cui affidare una sequenza della propria storia.
Davide se ne va, la sua meta è l’Irlanda. Vivrà per sei mesi in un ostello, tra una tarda gioventù che più che bruciata è mobile, sotto la pioggia e le notti ventose di Dublino. Qui c’è la sua storia – fatta di affetti e lavori precari, sbornie, confronti generazionali, lontananze e inattesi stupori – e quella dei compagni che conosce strada facendo. La storia di una generazione che risponde come può, a tentoni ma con anima e corpo, alla domanda di molti: cosa succede, quando si molla tutto?
Stordimenti, amori di una notte, incontri con spacciatori, albe piovose trascorse a vendere giornali in strada: ci si sposta in branco per non sentire l’angoscia di essere soli, ognuno diretto verso mete indecifrabili, mentre la quotidianità ha il sapore dell’ultimo, disperato giorno di vita, dell’ebbrezza che obnubila e anestetizza anche il dolore più intimo.
Gli amici sembrano per la pelle perché condividono lo stesso destino, eppure Davide si chiede quando li rivedrà. Conosce già la risposta: mai più. “Chiunque abbia vissuto un’esperienza di vita significativa a Dublino sappia fin troppo bene come gli addii – e i leaving party – siano molto, molto frequenti. In pochi la scelgo come città dove vivere il resto della propria esistenza, quasi tutti la considerano un luogo di passaggio -continua Nicola -. Questo, secondo me, rende la città un luogo molto interessante per chi, come me, è affascinato dalla precarietà”.
Quando Nicola arriva in Irlanda, per la prima volta, l’idea è quella di trascorrere un mesetto in ostello. Giusto il tempo di trovare una casa e un lavoro, pensa. Alla fine, in ostello, ci è rimasto per sei mesi, in camerate da sedici. “Qui ho finito inevitabilmente per conoscere persone singolari e, per me che ho sempre trovato molto interessanti le fasi di passaggio, affascinanti: dal ventenne argentino che si crede Jack Kerouac allo spagnolo in crisi da mancanza di psicofarmaci, dal brasiliano festaiolo alla francese che studia arte e teologia – racconta -. Ho così pensato di scrivere le loro storie, romanzandole, insieme alla mia”.
Lungo il letto del Liffey, scorre anche il senso di smarrimento di una generazione. “Non credo di essere sufficientemente qualificato o informato per dirti se una certa generazione, nemmeno la mia, sia diventata più forte grazie allo spirito di adattamento o meno. Preferisco concentrarmi sulla mia esperienza e su quella delle persone che conosco, parziali e probabilmente poco indicative, immagino, di una tendenza generazionale – specifica Brami -. Nel mio caso, la forza che ho trovato, insieme a tante debolezze, credo possa essere la seguente: da una certa età in poi, si perde elasticità mentale. Il mondo delle possibilità si assottiglia, il chi possiamo diventare si solidifica in un’unica personalità, e ciò che siamo diventa sempre meno malleabile. Le vicende del libro hanno aiutato molto il protagonista, mio alter-ego, a mantenere, e in certi casi a ritrovare, la freschezza mentale.
E il legame biografico tra lo scrittore e il protagonista della vicenda ad aver convinto Brami a cimentarmi nella narrativa e a permettergli di farsi i muscoli per riuscire a giostrare storie di fantasia.
“Una conseguenza dello stare via a lungo (qualunque cosa via significhi) è che non si è più sicuri di cosa significhi tornare – aggiunge lo scrittore bresciano -. Nel corso degli anni si creano nuove relazioni e affetti intensi che cambiano la nostra idea di ritorno. Ci si sente contemporaneamente parte di due o più culture”. I confini si assottigliano al punto che andare e tornare vogliono dire la stessa cosa.
“Ecco: tornare, sì, ma dove? A casa, solitamente. Solo che non si è più tanto sicuri di dove sia, quella casa, o se esista, da qualche parte. Dopo tanti anni ho rivalutato molto l’Italia, la sua dolcezza – spiega ancora -. Per questo, quando la compagnia americana per la quale lavoro mi ha proposto un trasferimento da Dublino a Milano, ho accettato volentieri. Senza contare la possibilità di riavvicinarmi alla famiglia e agli amici. Immagino che tanti, alla fine, tornino per ragioni simili.
Dublino, nel romanzo, è un luogo caotico e piovoso che i personaggi attraversano, riversandoci i loro entusiasmi e la loro solitudine, entrando e uscendo di scena in continuazione. Poiché i loro slanci sono solitamente privi di un fine o di una progettualità, essi perdono inevitabilmente d’intensità, come trottole lasciate a girare troppo a lungo. “Le passioni si bruciano nelle ubriacature notturne e nei rapporti occasionali, senza fiorire, senza un seguito. Con diverse eccezioni che ora non svelo” continua. Nicola per anni ha militato nei Let me in, una band punk rock che ora, con il suo ritorno in Italia, si è riunità e sta per dare alle stampe un nuovo disco.
C’è musica in Tutti se ne vanno? Ci sono canzoni che fanno da colonna sonora di questa storia?
“L’aspetto musicale del libro è fondamentale, sia perché Dublino è una città molto musicale, sia perché ho scritto il romanzo ponendo molta attenzione alla musicalità delle frasi e al loro ritmo” risponde. Al momento della pubblicazione è stata creata anche una playlist su Spotify con i pezzi che accompagnano la narrazione. Canzoni che ho ascoltato parecchio quando ero in città e che mi hanno ispirato” conclude. Elliott Smith, Mount Eerie, Sparklehorse, ma anche Bright Eyes, Matt Pryor e Xiu Xiu.