La scuola ha un ruolo sociale. Mantra sicuro e inopinabile della comunicazione politica e non degli ultimi mesi. I mesi della “big thing”. La grande cosa che ha travolto tutti più velocemente di un assolo di Yngwie Malmsteen. La scuola ha un ruolo sociale. E sulla centralità umana di determinati luoghi, nulla da eccepire. Gli esercizi di epifania che vengono operati in sedi dall’alto contenuto umano, possono essere salvifici. Il salvagente lanciato dalla scuola nel mare magnum delle direzioni confuse, è incontrovertibile. Ma non tutti trovano riparo dalle brutture del mondo in sedi, fisiche e non, così “canoniche”. La salvezza può arrivare anche con un doppio pedale, con una cassa dritta, con il petto che preme su una transenna. Con quel magma ancestrale di creazione e libertà in cui sono immersi i luoghi della musica, dello spettacolo, del teatro, dell’arte. La musica, ad esempio, ha un ruolo sociale. E così le sue cattedrali, i suoi templi, le sue piccole chiese o i suoi semplici altari. Ovunque venga professata la sua potenza comunicativa e immaginifica, lì lei opera i suoi miracoli nel silenzio frastornante della sua elegante presunzione. La musica ha un ruolo sociale.
L’arte ha un ruolo sociale. Gli operatori della musica, dello spettacolo, dell’arte, hanno un ruolo sociale. Sabato 10 ottobre 2020, all’ombra del Duomo di Milano, i case vuoti dei backstage non allestiti, sono rimbombati sotto il peso delle mani stanche e nervose degli addetti ai lavori. Un settore che ha pagato e continuerà a pagare la crisi Covid per molto tempo: più di 500mila persone rischiano il proprio posto di lavoro, con un circuito che ha già perso cifre irrecuperabili. Le proteste dei Bauli in piazza accendono un occhio di bue sulla condizione dei mestieri legati all’arte e nello specifico alla musica, in Italia. Una nazione dove ancora si ha una forte reticenza nel dare una contezza professionale collegialmente riconosciuta all’apparato-intrattenimento. Un apparato che si costituisce di lavoratori di altissimo profilo ed estremamente specializzati. Dunque la domanda, sorge spontanea: come funziona la musica?
Per rispondere ad un interrogativo così complesso vi è bisogno di un ausilio degno di tale difficoltà. Chiunque abbia il privilegio di vivere di musica, in tutte le sue declinazioni professionali possibili, ha l’urgenza di porre occhi e focus attentivo verso le parole che David Byrne ha racchiuso nel suo “Come funziona la musica”. Grazie all’occhio lungo di Bompiani, l’eclettico Byrne, personaggio miliare della storia della musica (Talking Heads, Brian Eno), mette sugli scaffali delle librerie un testo fondamentale. Una riflessione attenta sulla catena produttiva della musica, intrecciata ad uno storytelling biografico intrigante e brillante. Il percorso artistico di Byrne, si rivela tra i capitoli dedicati ai cambiamenti che la tecnologia ha portato nel modo di fruire e produrre musica, i capitoli sui ragionamenti differenti che bisogna fare in base ai luoghi in cui la musica viene riprodotta, fino a delineare una vera e propria anatomia oculata dei meccanismi celati dietro i movimenti del settore. E ancora: paragrafi sui finanziamenti, su come formare i dilettanti, paragrafi dedicati alla distinzione tra i generi e la loro storia. Un codice di Hammurabi per decifrare il percorso che c’è tra la produzione di un esile filo di seta e l’utilizzo di esso per realizzare un grande drappo ricamato, splendido, pregiato. Una lettura dedicata in modo orizzontale agli addetti ai lavori ma che trova nell’avventore “fuori luogo” il suo prezioso intento. Trasmettere la necessità e la complicatezza del sistema musica, per comunicare la sua straordinaria rilevanza culturale e umana.
“La musica – scrive Byrne – è parte della geometria della bellezza […] questa geometria, quando la cogliamo, è un segno visibile (o nel nostro caso, udibile) che qualcosa potrebbe avere per noi importanza o valore: buono da mangiare, sicuro, fertile, legato a noi o alla nostra gente. La musica possiede tale geometria della bellezza ed è la ragione per cui l’amiamo. Il gene specifico della musica è l’illusione, ma il nostro amore è reale”. La musica, ha un ruolo. Reale.
3 Comments
Il gene specifico della musica è l’illusione, ma il nostro amore è reale. Frase bellissima, che sintetizza il senso della musica, cosa è, a che serve, ecc., ecc.
Una domanda: come si fa atrovare il libro di David Byrne, se possibile in versione ebook?
Salve Virgilio, ecco il link su amazon, in ebook, essendo un libro del 2014, non sembra esserci.
https://www.amazon.it/Come-funziona-musica-David-Byrne/dp/8845277666