Paolo Battistel, studioso e conoscitore di miti e leggende precristiane, ha collaborato con le trasmissioni televisive Mediaset Mistero e Mistero Experience sui temi dei miti e delle leggende.
Si è laureato in filosofia facendo una tesi in mitologia e ha una cattedra di Fenomenologia delle religioni all’Università Achille d’Angelo-Giacomo Catinella di Lecce. Ha scritto una raccolta di fiabe occitane Lu Barban, il diavolo e le streghe e con la collaborazione della giornalista e saggista Enrica Perucchietti ha pubblicato tre saggi d’argomento mitologico/storico rispettivamente Il sangue di Caino (2014) e I figli di Lucifero (2015) e Il dio cornuto (2016). In seguito ha pubblicato il saggio di storia locale sull’epoca dell’Inquisizione dal titolo Il mistero della Roccaforte dei Rosacroce. Ha scritto anche il saggio letterario J.R.R. Tolkien, il lungo sentiero tra ombra e luce.
Per la nostra mentalità moderna e globalizzata, la fiaba è un racconto fantasioso per i bambini, che evoca le ambientazioni e i personaggi zuccherosi e stereotipati della cinematografia di Walt Disney. Ma che cos’è una fiaba? Qual è la differenza tra fiaba e favola? Nel suo ultimo libro, La vera origine delle fiabe (Uno Editori), lo scrittore spiega che le fiabe non si devono confondere con le favole in quanto nella loro storicità nascondono un volto segreto: sono cioè quello che è rimasto di antichi miti precristiani diffusi in Europa durante l’antichità e il Medioevo. Questi racconti, che sono sopravvissuti agli stessi popoli che li avevano generati, vennero censurati ed epurati dalla cultura cristiana prima e da quella illuministica poi diventando nel tempo racconti per bambini
Quando e come nasce la passione per i miti e la “curiositas” di scoprire l’origine delle fiabe?
Nasce essenzialmente da una passione giovanile dopo aver sentito le parole “c’era una volta”… questo c’era una volta è una dimensione che noi leghiamo solamente all’infanzia ma in realtà è un po’ dentro di noi fino all’età adulta. Esse ci portano in un mondo lontanissimo che per tutti noi era familiare, un mondo che tutti noi abbiamo dentro il cuore. Ho cercato di capire dov’era questo c’era una volta da dove derivava questo e scavandoci dentro ho scoperto un mito, l’archetipo, il nucleo dell’uomo. Quando l’uomo inizia a cantare quando l’uomo inizia a narrare in una forma preistorica racconta cosa? Racconta una fiaba, un mito, un racconto sacro per l’intera comunità. Il mio percorso sia da un punto di vista giovanile che accademico è stato quello di scavare un pó all’interno di questo solco.
La sua fiaba preferita da bambino? Perché?
Come racconto proprio nell’introduzione del libro la mia fiaba preferita è stata Hansel e Gretel perché in realtà ho amato fin da subito l’idea di questi bambini sperduti, abbandonati dalla famiglia, dagli stessi genitori, che dentro di loro hanno la forza per combattere un mondo completamente estraneo e nemico. Ho amato questa storia soprattutto perché ci mette di fronte all’unione del maschile e del femminile. La prima parte di questa fiaba in qualche modo vede il fratello difendere la sorella con tutto se stesso e nella seconda parte la sorella fa la stessa cosa, riuscendo addirittura a sconfiggere che cosa la strega della foresta. Ecco l’unione del maschile e del femminile è un legame così forte e insondabile che crea un’unità che permette loro di tornare a casa e soprattutto di cambiare il loro destino.
Quale scoperta, relativa ad una fiaba classica, l’ha particolarmente colpita?
Io solitamente quando tengo una conferenza oppure una lezione parto sempre dall’esempio di Biancaneve, la storia di questa fanciulla in età da marito, che ha una matrigna cattiva e i nanetti che l’aiutano e poi trova il principe azzurro. In realtà se andiamo a vedere nel solco di questa fiaba, nella versione originaria dei Grimm, la prima versione perché ne abbiamo ben sette, scopriamo che le cose non sono proprio così, come in tantissime altre fiabe. Biancaneve è una bambina di sette anni, non ha la matrigna ma la madre, non ci sono sette nani simpatici ma sette nani che agiscono secondo un proprio tornaconto; nelle fiabe i nani infatti sono sempre creature estremamente pericolose e nemici dell’essere umano. In realtà la fiaba in qualche modo è stata edulcorata, addolcita e censurata nello scorrere dei secoli perché si è deciso di legarla ai bambini ma la fiaba non nasce come racconto per l’infanzia, essa nasce come racconto per l’intera comunità, in cui ciascuno in base alle proprie esperienze, ai propri anni e alla propria vita vede qualcosa di diverso. Leggere le fiabe nella forma originaria ci fa veramente vedere cosa fossero in realtà.
Quale messaggio vuole trasmettere attraverso il suo libro?
Voglio trasmettere l’idea che le fiabe non sono un racconto per bambini ma fanno parte di noi in quanto rappresentano le nostre radici, esattamente come raccontavano i fratelli Grimm che sono stati secondo me i più grandi studiosi di fiabe. Esse sono dei frammenti di cristallo che sono stati lasciati cadere per terra, dimenticati e che loro hanno raccolto e ridandogli la loro forma originaria, perché in realtà questa forma originaria era la forma delle nostre radici, il nostro nucleo. Quando l’uomo racconta la prima storia, racconta una fiaba. Vedere l’idea che noi tutti abbiamo delle fiabe oggi mi ha sempre rattristato e ho cercato di ridare loro, nel mio piccolo, la dignità che meritano.
Ha qualche nuovo progetto editoriale che le piacerebbe realizzare?
Sì, sto lavorando ad un nuovo progetto sempre legato alle fiabe. Ho impiegato diversi anni a trovare un editore che fosse interessato al mio modo di “come scrivere una fiaba“, lavorare con questo taglio e ho notato che nel momento in cui se ne parla alle persone, le fiabe interessano molto e ciò mi ha motivato a portare avanti questo percorso. All’inizio, in Italia soprattutto, ho trovato una grande difficoltà a riuscire a far comprendere quanto in realtà la fiaba sia importante per la cultura generale e per l’uomo.