Proviamo a immaginare un black out tecnologico totale. Basta notifiche, stop alle app di messaggistica, addio live streaming. Impossibile inviare anche una semplice mail. Riusciamo solo a immaginare un mondo senza schermi da guardare, toccare, digitare? Sciagura? Miracolo? Estrema liberazione?
Apriamo la rubrica delle nuove uscite con questa riflessione, offerta dalle pagine di un visionario e magistrale Don Delillo. In libreria a febbraio troveremo il suo nuovo romanzo, insieme a una sfilza di novità di cui proponiamo una nostra selezione. Otto titoli interessanti per voi Comodeeners.
Buona lettura!
Se vi siete persi la scorsa puntata, la trovate qui.
Manhattan 2022. Un futuro praticamente dietro l’angolo. Lo aspettiamo con quell’attesa che si ha per una nuova vita. Facciamo finta che il Covid 19 sia un ricordo. Proviamoci. La storia comincia da una vacanza a New York, la prima che una coppia si concede nel post pandemia. Ma al loro arrivo, nel salotto di un appartamento di amici, nell’East Side, sarà il silenzio ad accoglierli. Totale, avvolgente, onnipresente. Morta la tecnologia digitale, in ogni sua manifestazione. Tutto tace: tablet, pc, smartphone, pure la cara vecchia tv che, nel frattempo, stava tenendo milioni di americani incollati allo schermo con il Superbowl. “Il Silenzio” di Don Delillo ci proietta là, nella catastrofe digitale. E quasi ci stuzzica il pensiero di una liberazione finale dalla nostra più ossessiva schiavitù.
Succede spesso, in particolar modo in Europa, e ancora più frequentemente in Italia, di passeggiare inconsapevolmente sulle tracce di un passato lontano. Nel sottosuolo delle nostre città permangono le testimonianze delle civiltà antiche. Altre volte sono ancora in superficie, magnifiche, maestose e silenti. Il cuore pulsante è il Mediterraneo, attorno ad esso, dall’età del bronzo in poi, brulica l’umanità, sorgono e si disintegrano i grandi imperi, i Greci, i Romani, i Fenici, gli Etruschi, i Galli, gli Egizi. I segni tangibili del loro passaggio sono le rovine delle capitali di questi regni, protagoniste dell’ultimo libro di Greg Woolf.
Feltrinelli pubblica in Universale Economica un grande classico del giallo europeo: dodici racconti firmati da Sir Arthur Conan Doyle apparsi su rivista tra il 1891 e il 1892. Sono proprio questi appuntamenti letterari su carta stampata a determinare il grande successo del giallista e giornalista inglese, capace in poche pagine di costruire ogni volta trame avventurose, intricate e complesse.
Questa è la prima delle due raccolte che Doyle ha affidato in quegli anni alle colonne di Strand Magazine: tra i titoli più conosciuti Uno Scandalo in Boemia, Lega dei capelli rossi e Cinque semi d’arancio.
“Tante care cose. Gli oggetti che ci hanno cambiato la vita” nasce da un esperimento social, lanciato nei mesi duri del primo lockdown. Su Twitter Chiara Alessi, critica del design, per novanta giorni ha postato, costruendo una sorta di archivio digitale, una galleria degli oggetti che hanno segnato la storia del Novecento Italiano. Ci sono arnesi di qualsiasi forma e dimensione. Con il termine oggetto, nel libro in questione, si comprendere una larga fascia di elementi e concetti: dagli oggetti grafici e architettonici, alle invenzioni (anche quelle significative perché fallimentari), oggetti enormi e piccoli piccoli, oggetti da utilizzare o semplicemente da osservare. Una carrellata che in realtà diviene pretesto per raccontare le storie degli uomini e delle donne che stanno dietro, anzi dentro, queste idee, le vicende e l’identità del loro tempo.
Come si inventa un mondo, la sua geografia, i popoli che lo abitano e le loro lingue, tradizioni e culture. Ciò che rende monumentale il lavoro di JRR Tolkien è l’immensa dose di capacità creativa con la quale lo scrittore e linguista britannico ha plasmato e ricamato nel minimo dettaglio la trama del romanzo fantasy più conosciuto al mondo.
Il saggio dello studioso John Garth è un appassionato saggio d’indagine sulla genesi della Terra di Mezzo, una ricerca dei luoghi fisici che hanno generato le ambientazioni del romanzo. Per esempio, la Torre Nera di Saruman. La vorreste visitare? Cercate allora la torre di Faringdon Folly, nel Berkshire.
Se vi trovaste davanti Billy Wilder lo riconoscereste? Calista Frangopoulou non ha mai sentito parlare di quest’uomo quando nel 1976, a Los Angeles, è seduta per caso allo stesso tavolo con il grande registra e produttore cinematografico di Hollywood. L’anno successivo sarà sul set come interprete greca per il penultimo film firmato da Wilder, il primo passo di una nuova vita artistica che poi continuerà come compositrice di colonne sonore. Il ricordo riaffiora molti anni dopo, mentre la protagonista, sposata e madre di due gemelle, sta accompagnando all’aeroporto sua figlia Ariane, in partenza per Sydney. Quella di “Io e Mr Wilder” di Jonathan Coe è la struttura di un romanzo di formazione che nella trama riesce a mettere a fuoco una delle figure più importati della storia del cinema. E a toccare temi trasversali, leggeri ma anche tragici, dal concetto di celebrità alle ombre oscure del nazismo
I numeri non mentono. Già. Ce lo spiega uno dei più grandi scienziati del nostro tempo, Vaclav Smil, in questo saggio che, non abbandonando mai la sua profonda radice analitica, risponde alle domande, a volte apparentemente stupide, con le quali l’uomo cerca di interpretare e comprendere il presente. Varie le tematiche – dalla demografia alla felicità, dall’energia al cibo – organizzate in 71 brevi capitoli utili a capire meglio come gira il mondo oggi. Per esempio, credi che la mobilità elettrica faccia veramente bene all’ambiente. Ecco, forse ti stai sbagliando. Smil ti spiega il perché.
Le mura di casa sono il principale contenitore delle nostre vite e custodiscono le nostre intimità, pensieri puri e impuri, le gioie vere insieme alle sofferenze più terribili. Ma le case, osservatrici discrete e curiose, hanno una coscienza? E, soprattutto, sanno mantenere i segreti? A Mestre un condominio di tre piani spiffera al lettore le abitudini dei suoi inquilini. La storia si moltiplica nelle vicende domestiche, celate l’una all’altra da qualche centimetro di calcestruzzo e mattoni, di uomini e donne che svelano di volta in volta le loro piccolezze, le miserie e le debolezze, loro e al contempo nostre, di tutti.
Un campionario umano, quello dipinto da Massimo Cuomo, che ci spinge a fare i conti con ciò che siamo veramente. Anche quando pensiamo di non essere visti, nascosti nella penombra delle nostre tane.